mercoledì 28 novembre 2018

TOGLIAMO IL VELO ALLA DISCRIMINAZIONE



Irricevibile la richiesta di una famiglia islamica di esonerare la propria figlia dall’ora di ginnastica. Bene ha fatto il mondo scolastico locale a metterlo in chiaro.


Ora dal centro islamico e dintorni dicono si alla ginnastica, ma a patto che bambine e ragazze «si coprano bene le parti del corpo in vista».

Ebbene, mi sento in dovere di svolgere un ragionamento pacato quanto fermo. Vanno messi dei paletti, e ben piantati.

Accettare mediazioni e mercanteggiamenti su queste questioni significherebbe cominciare a mettere in discussione i nostri valori non negoziabili fondati sulla libertà personale.

Ci sono ferite senza lividi sul corpo, ma sull’anima. Imporre nelle nostre città a una bambina o una ragazzina di non fare ginnastica perché ci sono anche i maschietti, o di coprirsi in modo innaturale, è uno di questi.

Non prendiamo questa strada scivolosa che conduce a una strisciante sottomissione. Ne va della tutela dei nostri assetti giuridici, oltre che culturali.

Nessun allarmismo, sia ben chiaro. E nessuno intende alzare i toni, figuriamoci il sindaco.

C’è però la legittima preoccupazione che nel chiuso delle moschee, dei centri islamici e degli appartamenti si insegnino e si impongano stili di vita inconciliabili con i nostri. L’esperienza ci suggerisce tragicamente che dobbiamo tenere alta la guardia.

Tolleranza e accoglienza non significano accettare sottili discriminazioni e pratiche a noi estranee, specie nei luoghi pubblici e nei riguardi delle donne. In caso contrario dovremmo accettare anche i veli integrali o la barbarie dell’infibulazione.

Sono in corso ovunque manifestazioni contro la violenza sulle donne. Eppure nei programmi di sensibilizzazione questi temi stentano a entrare. Il più delle volte prevalgono i veli (è il caso di dirlo) e le mezze censure politicamente corrette.

Anche a Pordenone girano donne con il niqab da cui si intravedono a mala pena solo gli occhi. Non è una questione che merita l’attenzione dagli attivisti dei diritti e più in generale di tutti noi?

Un’ultima considerazione. Mi domando se, per ipotesi, potremmo in tutta tranquillità mandare i nostri figli in un paese islamico a fare ginnastica a scuola con il crocifisso al collo.

Ebbene, lo dico anche qui in modo realistico e pacifico. Tutti sono benvenuti. Ma chi non intende integrarsi nei principi basilari della nostra società ha la libertà di scegliere un paese, una città diversa dalla nostra. Magari una delle tante nazioni al mondo, anche molto più ricche dell’Italia, che applicano alla lettera i dettami islamici.

1 commento:

Unknown ha detto...

Sono perfettamente in.linea con questi ragionamenti